A un anno dalla scomparsa di uno dei più grandi scrittori italiani di sempre, l'Italia e il mondo si preparano a celebrare Antonio Tabucchi, con omaggi e pubblicazioni che rendono più vicina la sua figura e ne diffondono il ricordo di chi l'ha conosciuto o ha avuto l'onore di lavorare con lui.
Tabucchi è ricordato come il portatore della cultura letteraria portoghese in Italia, traduttore ufficiale dell'opera di Fernando Pessoa e interprete di uno spirito cosmopolita che ha avvicinato l'Italia al mondo, utilizzando una finzione fatta di eteronimi e addensata con l'emozione dell'inconfondibile saudade lusitana.
Di lui ci rimangono oltre trenta pubblicazioni, da Piazza d'Italia con cui esordì nel 1975 a Notturno Indiano, che vinse il premio “Mèdicis d'Etranger” nel 1984, sino a “Sostiene Pereira”, probabilmente la sua opera più apprezzata, vincitrice del "Premio Campiello" nel 1994.
In questi giorni si rincorrono pubblicazioni e testimonianze inedite dedicate allo scrittore,su cui spicca senza dubbio l'opera inedita Mi riconosci, in cui Andrea Bajani racconta la sua personale esperienza a contatto con Tabucchi, scrivendo direttamente a lui una lunga e personale lettera, alla ricerca di un dialogo che nemmeno la morte riesce ad interrompere.
Molto interessante anche la raccolta di quattro racconti lunghi (o romanzi brevi che dir si voglia) pubblicata in questi giorni dalla Sellerio, che ripropone Donna di Porto Pim, Notturno indiano, I volatili del Beato Angelico e Sogni di sogni in un'antologia introdotta da un bellissimo saggio firmato da Paolo Mauri.
Il 20 marzo infine esce l'ultima fatica di Tabucchi, che ha lavorato sino all'ultimo giorno nonostante le difficoltà della malattia (aveva il cancro), una raccolta di scritti meditati e appassionati dal profetico titolo Di tutto resta un poco, in cui l'autore ha voluto celebrare un'ultima volta l'essenza stessa della letteratura, il cui pregio maggiore è quello di “ficcare il naso là dove cominciano gli omissis”, per poi narrare di opere e uomini a lui cari, sino a comporre un'interessante excursus sul cinema senza banalità o retorica alcuna, come solo lui sapeva fare.