OTTO OHM – PSEUDOSTEREO
Sono passati due anni e mezzo dall'uscita del primo disco di OTTO OHM, ma bastano le prime note di "Fumodenso" a far capire che i giorni non sono passati per niente. Se il secondo disco di un gruppo è molto spesso una risposta a tutti coloro che, nel bene o nel male, si sono fatti delle aspettative – in primo luogo sono proprio gli artisti -, va anche detto che sono in molti a cercarvi dentro la prosecuzione di un discorso iniziato nell'album d'esordio. E Andrea "Bove" Leuzzi e gli altri del gruppo devono essersi chiesti a sufficienza in quale modo far iniziare PSEUDOSTEREO per rendere chiaro a tutti il messaggio: gli OTTO OHM sono tornati. E hanno un nuovo suono.
Merito della produzione, innanzitutto, dell'incontro magico tra il Bove e il produttore Roberto Procaccini che hanno lavorato insieme sulle nuove canzoni degli Otto Ohm, gruppo già conosciuto per aver messo in mostra il proprio suono e le proprie inclinazioni "dub" in un bell'album d'esordio – uscito nel 2000, a nome OTTO OHM – e in alcuni singoli come "Crepuscolaria", "Telecomando", "Amore al 3° piano" (tutti sorretti da splendidi videoclip e dall'appoggio massiccio delle radio).
Le melodie e gli incastri ritmici già collaudati nel primo lavoro – e che sono subito diventati un marchio di fabbrica per gli Otto Ohm – hanno così incontrato sulla propria strada un modo diverso – e nuovo – di intendere gli arrangiamenti, le orchestrazioni, gli strumenti da usare. Non è un caso che PSEUDOSTEREO si apra con le chitarre di "Fumo denso", laddove nel primo album trovare il suono di una chitarra sarebbe stato difficile, se non impossibile. Da questo lavoro a quattro mani si è sviluppata una trama sonora più variegata e possente, che sceglie di giocarsi – in perfetta controtendenza rispetto a quanto propone la musica di adesso – la carta di una produzione ricca e misurata sulle potenzialità di ogni canzone, capace di accettare la sfida di essere sempre varia, al servizio di ogni pezzo, e soprattutto non invadente.
In PSEUDOSTEREO troverete il modo tipico del Bove di costruire melodie quasi arrampicandosi in aria con le parole delle sue canzoni – è la cosa che più lo rende unico- e sullo sfondo paesaggi sonori sempre diversi, capaci di mutare radicalmente aspetto di canzone in canzone, rimanendo pur sempre tipici di un disco degli Otto Ohm. Gli archi di Mauro Bacherini arricchiscono ulteriormente l'effetto cinematografico di alcuni brani ("In questo ricordo mi perdo") e contribuiscono allo spessore delle canzoni.
E poi ci sono le parole, i testi di un album radicale che rifiuta di accettare le dinamiche correnti, le scelte miopi imposte dall'alto, l'alienazione diffusa nella società dai suoi stessi modelli di vita, e concede l'apertura di un sorriso soltanto all'amore, alle nostalgie del passato e ai sentimenti e alle scelte non di comodo. Da questo punto di vista PSEUDOSTEREO prosegue nella narrazione a doppio filo iniziata con il precedente album; da un lato canzoni che hanno la società e le sue dinamiche al centro della narrazione ("Senza di noi", "Indiano metropolitano", "Soldatino", uno testo sentito e quasi "sputato fuori" contro le marionette (in)consapevoli di tutte le guerre, "Argilla pt.3"), dall'altro splendidi momenti più intimisti, in cui sono i sentimenti più belli a venire fuori, le nostalgie di "Dee-Lay", il desiderio di "Valeria 80", i pensieri profondamente naif di "Perdere te", "L'unica via", e soprattutto di "Oro nero", dove il Bove regola i conti con l'amore una volta per tutte e per tutti: " Quando ami per davvero, non ti basterà il futuro/ Vuoi soltanto avere lei che vale più dell'oro nero/ Vuoi svegliarti la mattina, respirare il suo cuscino/ Fisso sul soffitto dire piano è tutto vero, è tutto vero…".
Registrato tra Roma e Viterbo, masterizzato allo Sterling Sound di New York, PSEUDOSTEREO tira fuori una manciata di nuove canzoni che confermano tutto il talento che gli Otto Ohm avevano già messo in mostra ai tempi dell'uscita del loro primo disco. E la cosa non può che fare piacere: le canzoni, si sa, hanno il dono di far sentire meno soli, e ritrovarsi tra le mani un album degli Otto Ohm a pochi mesi dall'estate è bello, perché significa avere già un amico in più da portare in giro, con cui confrontarsi e, soprattutto, da ascoltare.