Marco Bonfiglio ci riprova. Dopo l'Odissea ha riscritto in prosa l'Iliade usando quel linguaggio attuale ed accessibile a tutti (sempre rigorosamente fedele all'originale) che già aveva caratterizzato la stesura del primo capolavoro omerico. Anche in questo caso il risultato è stupefacente: azioni e sentimenti, emozioni e descrizioni, pur mantenendo la loro collocazione e identificazione storica, sono riscritte per entrare nell'immaginario collettivo come bellissime storie senza tempo. Marco Bonfiglio individua e mette su carta ciò che il regista Wolfgang Petersen ha trasposto su pellicola dirigendo il film "Troy" : la necessità che Omero diventi accessibile a tutti affinché i suoi capolavori siano realmente universali.
LIBRO I
L'ira di Achille e la disputa con Agamennone
Narrami, o Dea, l'ira di Achille, figlio di Peleo, che rovinosa costrinse i Greci a sopportare dolori infiniti. L'ira che privò della vita molti valorosi eroi, il cui corpo esanime finì in pasto a cani e uccelli rapaci. Si compiva infine la volontà di Zeus, che in principio aveva voluto il litigio e il distacco tra il re dei Greci Agamanennone e Achille. Quale fra gli dei li divise in contesa? Fu Apollo, figlio di Zeus e Latona. Egli, adirato con Agamennone che aveva trattato malamente il sacerdote Crise, seminò il morbo della peste nel campo greco. I combattenti morivano. Crise si era recato nel campo dei Greci per liberare sua figlia. Arrivava con un riscatto infinito e tra le mani portava le bende di Apollo. Accanto allo scettro d'oro, pregava i Greci e soprattutto Agamennone e Menelao:
«Figli di Atreo e tutti voi, Greci valorosi guerrieri: gli dei che dimorano sull'Olimpo vi consentano di espugnare la città di Priamo e di tornare salvi in patria. Ma prima liberate mia figlia, la mia creatura! Accettate il riscatto che vi offro e venerate il figlio di Zeus, Apollo dalle lunghe saette».
L'esercito intero chiese che fosse fatta la volontà di quel sacerdote, che si accogliesse un tanto ricco riscatto. Ma simile idea non trovò il consenso di Agamennone, che cacciò Crise sdegnosamente aggiungendo:
«Vecchio, che mai io abbia a vederti ancora intorno alle nostre navi! Non indugiare, adesso, e non tornare in futuro! Lo scettro, e quelle bende del nume che porti nelle tue mani, potrebbero non servirti più a nulla. Non libererò tua figlia. Prima che libera sarà raggiunta dalla vecchiaia nella mia casa, ad Argo, lontana dalla terra natale, mentre lavora al telaio e accorre al mio letto. Vattene ora, non provocare la mia ira se tieni alla tua salvezza».