Un altro capolavoro di Yashar Kemal

Considerato uno dei più grandi scrittori viventi del Novecento, maestro nel descrivere l'epopea di un popolo dando voce a ogni singolo membro,  Yashar Kemal con Il re degli elefanti e Barba Rossa la formica zoppa, nelle librerie per i tipi di Tranchida, apparentemente abbandona i toni epici e corali per cimentarsi con la fiaba.

Il romanzo ha come protagonisti gli animali, elefanti contro formiche. Il pacifico e operoso popolo delle formiche viene improvvisamente, e senza ragione, attaccato da quello degli elefanti. Ne consegue un vero e proprio massacro che termina con la resa incondizionata delle povere bestioline, quasi vicine all'estinzione. Le formiche sono così rese schiave e costrette a mettersi al servizio dei pachidermi e delle upupe, loro fedeli alleati; esse saranno obbligate a costruire palazzi di cristallo, troni di diamanti e immensi depositi colmi di ogni sorta di cibo presente sulla terra. Il tirannico signore degli elefanti attuerà sulle formiche un progressivo assoggettamento psicologico, fino a persuaderle di essere anch'esse elefanti. La resistenza nei confronti dei pachidermi sembra inattuabile per creature tanto piccole, ma Barba Rossa, il fabbro, riuscirà a sfruttare al meglio le caratteristiche del suo popolo: la forza del numero e la laboriosità.

Kemal utilizza l'impianto narrativo delle favole classiche: il cattivo schiaccia il buono, questi soccombe, ma poi trova la via del riscatto. Il malvagio è il re degli elefanti, spietato e assolutista quanto sa esserlo un essere viziato e capriccioso. Ma egli non è solo. Al suo fianco ci sono il signore delle upupe, all'apparenza più mite, ma in realtà interessato solo al proprio piacere e alla salvaguardia dei privilegi del suo popolo, e il capo delle formiche gialle, infido traditore e spia al servizio degli elefanti. Il protagonista buono è il fabbro Barba Rossa, umile e arguto lavoratore, che organizzerà, solo e contro tutti, come spesso accade agli eroi, il vittorioso stratagemma che porrà fine al dominio dei pachidermi.

I personaggi di questa favola non sono caratterizzati tramite la descrizione del loro carattere o la narrazione di episodi risalenti al passato, ma quasi esclusivamente attraverso dialoghi. Kemal, infatti, ne modula abilmente i toni a seconda che parli il tirannico elefante, il subdolo capo delle formiche gialle, il tormentato fabbro oppure il voluttuoso signore delle upupe. Kemal ha costruito Il re degli elefanti e Barba Rossa la formica zoppa in modo da dare, a grandi e piccoli, l'opportunità di trovare ognuno la propria morale. I bambini, seguendo i destini del popolo delle formiche, impareranno che le dimensioni non contano quando c'è unità e voglia di vincere; che è giusto difendersi dai "grandi" se essi non li rispettano e invece tentano di soffocare il loro modo di vedere il mondo, cercando di farli diventare dei "piccoli-adulti". I bambini sapranno riconoscere il valore della speranza e dei sogni, osserveranno che non sempre chi si presenta come amico poi si rivelerà tale e che anche i grandi hanno le loro paure e insicurezze, che li fanno diventare a volte cattivi ma altre volte buffi. Il messaggio più profondo è però per coloro che sono già cresciuti. Kemal, come altri grandi scrittori prima di lui (Carrol, Orwell, Swift, .), ci ha mostrato la sua capacità di parlare agli adulti attraverso un linguaggio adatto anche ai bambini.

Il romanzo vela, ma neppure troppo, molteplici riferimenti alla realtà presente e passata. I mezzi usati dal re degli elefanti per schiacciare psicologicamente le formiche ricordano senz'ombra di dubbio quelli messi a punto dalle dittature: propaganda onnipresente e martellante, riforma delle scuole e cancellazione della memoria storica, organizzazione di ogni momento della vita quotidiana per non lasciare spazio al libero pensiero. Alcuni simboli sono poi molto espliciti: una delle barberosse rifugiate sulle montagne porta un berretto con una stella rossa, il grembiule rosso del fabbro si trasforma, al momento della controffensiva finale delle formiche in un vessillo sventolante. Nei discorsi fiume del re degli elefanti non mancano poi le stoccate dirette al popolo degli uomini; esso è descritto come in preda al "raptus dell'accumulazione" che lo spinge ad appropriarsi di qualsiasi cosa non sia ancora in suo possesso, anche se poi non se ne fa nulla, gli uomini sono il peggiore dei popoli perché capaci di vendere i propri cari in cambio di un guadagno economico e incapaci di mostrare pietà. Kemal ci invita a ripensare alla crudeltà dei despotismi che ancora oggi gravano sulla nostra società; a volte grandi come quelli che schiacciano interi popoli, altre volte più sottili e subdoli come quelli indotti dai mezzi di comunicazione e dai valori consumistici propugnati dall'occidente.

Nella descrizione dei meccanismi di sviluppo del potere, toni drammatici si alternano a momenti umoristici. Un sorriso non può fare a meno di stendersi sulle nostre labbra quando leggiamo che l'efficace lavaggio del cervello cui le formiche sono state sottoposte, allo scopo di "trasformarsi" in grandi e nobili pachidermi, altro non produce che lo strofinarsi di miliardi di deretani contro gli alberi della foresta (questo è, infatti, il passatempo preferito dagli elefanti). Kemal ha compreso e illustrato con perizia come spesso l'ottusità dell'assolutismo sfoci nel ridicolo; e il pensiero non può non andare a due capolavori della cinematografia che con pari maestria hanno unito immagini e parole: Il dottor Stranamore di Kubrick e Il grande dittatore di Chaplin.

Il re degli elefanti e Barba Rossa la formica zoppa ha dunque il merito di ricordare a noi tutti i sinistri stratagemmi con i quali il potere può far breccia dentro le nostre menti, e di paventare, con malcelata soddisfazione, ai tiranni di ogni grado e paese cosa potrebbe succedere "se tutte le formiche del mondo si unissero".

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