Nella Repubblica di Santa Margherita – Storie di un campo veneziano nel primo Novecento, di Giovanni Sbordone
Un campo veneziano e le sue molteplici affabulazioni: l'oleografia dei sestieri popolari e la folla degli scioperanti con le bandiere rosse, il Primo Maggio ed il carnevale, un immaginifico capo-portuale chiamato Pastassuta ed una repubblica proclamata all'osteria. Un secolo fa, la nascita della politica di piazza a Venezia: tutt'intorno, le botteghe e i caffè, affollati di scaricatori e artisti, e le visioni stupefacenti dei primi cinematografi. Miti veneziani e riti sovversivi si incarnano nella "Repubblica di Santa Margherita", nata come allegra parodia delle Serenissima ma divenuta presto, nei tumulti del primo dopoguerra, emblema del "bolscevico quartiere" in cui si concentrerà lo scontro tra movimento operaio e squadrismo fascista, destinato a lasciare sul campo morti e feriti. Come scrive Emilio Franzina nella prefazione a questo volume, "i luoghi in cui viviamo son fatti di storie", e tutto questo accadeva, un secolo fa, in quello stesso Campo Santa Margherita oggi dai più conosciuto come il cuore della Venezia studentesca e della sua socialità."
Un po' Trastevere e un po' Rive Gauche, Dorsoduro si avviava in verità a essere – in barba ai molti che ancora si sotinavano a considerarlo un suburbio di poco conto – il baricentro dell'economia cittadinia. Il segnale fondamentale in questa direzione era stato, nei primi decenni postunitari, il trasferimento delle attività portuali dalla loro secolare collocazione in bacino S. Marco alle nuove banchine di S. Basilio e S. Marta. Non sarà quindi un caso che campo S. Margherita, che di Dorsoduro è la piazza, il centro e il palcoscenico, raggiunga la massima vitalità sociale e politica proprio nell'intervallo compreso tra la piena affermazione della nuova Stazione Marittima – che sottrae all'Arsenale il primato economico e immaginario della città operaia – e il suo successivo declassamento a opera di Porto Marghera, divenendo nel frattempo l'interfaccia tra la città tradizinale, monumentale e marmorea, e la nuova Venezia metallica e mutante delle gru e dei binari, che la veniva abbracciando da occidente".
Animali al fronte – Protagonisti oscuri della Grande Guerra, di Eugenio Bucciol
Nella storia dell'uomo gli animali sono sempre stati utilizzati, sfruttati, e solo raramente amati. Durante il periodo della prima guerra mondiale, in particolare, divennero delle valide truppe ausiliarie in grado di sostenere l'uomo nei momenti più difficili. Il cavallo era impiegato dall'esercito come mezzo di trasporto e come scudo protettivo dietro al quale ripararsi dagli assalti nemici. Il mulo e l'asino, lavoratori indefessi, venivano caricati di munizioni e viveri e costretti a percorrere impervi sentieri di montagna. Il piccione si rivelò un veloce e preciso portaordini, capace di percorrere lunghe distanze in un battito d'ali. E poi ancora il cammello, l'orso, il cane, il bue, i delfini, le galline… Tutti ugualmente utili e obbligati a condividere gli errori e gli orrori della guerra e le decisioni dei potenti, così distanti da loro e dalla loro dimensione naturale.
"I colombi in missione erano davvero assimilabili ai militari in prima linea, impiegati in operazioni audaci anche al seguito dei ricognitori e dei sottomarini; esposti al rischio dell'abbattimento da terra, per di più senza alcuna difesa. Il loro occultamento era punito alla stregua di quello di un soldato. Nel settembre 1918 il comandante delle truppe austro-ungariche Boróevic diffidava gli abitanti del Veneto orientale invaso dal nascondere colombi paracadutati dagli italiani dentro cestini, minacciando ai trasgressori sanzioni gravissime. "E se tenteranno di fuggire saranno fucilati sul luogo", precisava l'avvertimento."
La staffetta generazionale – Nell'impresa artigiana veneta, Ente Bilaterale dell'Artigianato VenetoRicerca realizzata dall'Associazione Staff
Ogni giorno, in Veneto, settanta imprese rischiano di chiudere a causa delle difficoltà legate al passaggio generazionale, ovvero alla successione, nella gestione dell'impresa, delle nuove generazioni ai "padri fondatori". La ricerca dell'Ebav presentata in questo volume mette a fuoco le diverse sfacettature di questa tematica, ascoltando direttamente numerosi testimoni coinvolti nel passaggio generazionale di impresa, o che lo saranno in un prossimo futuro. Vengono analizzati in particolare i "fattori di forza" delle aziende che hanno appena effettuato tale successione con successo e le azioni che è opportuno programmare, conun minimo di anticipo, allo scopo di minimizzare gli insuccessi.
"La criticità del processo di ricambio generazionale per le aziende artigiane trova in alcune segnalazioni dei riscontri preoccupanti. Valutazioni correnti indicano che una quota considerevole delle imprese familiari rischia la chiusura nel passaggio tra la prima e la seconda generazione. In Europa si valuta che l'incapacità di gestire il passaggio generazionale possa essere la causa di un numero di fallimenti pari al 10% di quelli totali".