Libri in arrivo Marzo 2003

Il re degli elefanti e Barba Rossa la formica zoppa  di Kemal Yashar, a maggio nelle librerie.

Il Re degli Elefanti, con l'aiuto del Signore delle Upupa, suo fidato consigliere, sottomette il popolo delle Formiche aggiogando i loro piccoli corpi e le loro menti al proprio capriccio di sovrano, facendosi costruire ogni sorta di palazzo (di diamanti, di pietre preziose. ) con ricatti e false promesse. Ma un giorno, le Formiche, capeggiate da Barba Rossa, organizzano una silenziosa e potentissima rivolta che sconfigge il Re liberando così il popolo dall'oppressione. Una deliziosa favola spesso, e la storia letteraria ne è testimone, può essere molto di più; la morale è per tutti, per i ragazzi, per i bambini ancora, e per gli adulti. E questo è il caso di Il re degli elefanti, come già lo fu per illustri predecessori (Alice, Pinocchio, Gulliver, Moby Dick, La fattoria degli animali… ), semplice storia che parla al cuore delle genti di tutto il mondo, di coloro che vivono nella fame e nella schiavitù dai modelli delle società opulente, come di coloro che invece, apparentemente liberi e soddisfatti, non sanno di aver venduto il proprio pensiero e la propria coscienza.

Yashar Kemal cambia registro, e riesce nell'impresa. Esce dal mito ed entra nella favola dalla porta principale, si spinge nel terreno della realtà più attuale, assaggia i frutti che la nuova società, i nuovi modelli in mezzo ai quali tutti noi viviamo distribuiscono a piene mani. Il suo è il pizzicotto che si dà a chi ancora è in dormiveglia, o anche l'urlo delle coscienze in rivolta per liberarsi non solo dalla indigenza e dal ricatto economico dei potenti, ma soprattutto per riacquistare la propria libertà interiore, il diritto al proprio pensiero. Tutto questo, nell'unione tra popoli, culture, religioni, accomunati da un unico valore, la libertà. Yashar Kemal è considerato uno dei massimi scrittori viventi.

Quando avevo cinque anni, mi sono ucciso di Buten Howard, ad aprile nelle librerie

Un romanzo d'amore narrato da un ragazzino di otto anni che, grazie o a causa della sua "anomalia", turba e disturba. Burt è vittima della stupidità degli adulti che trasformano i suoi sogni in sintomi clinici e il suo amore in attentato. Per quello che ha "fatto" a Jessica, precoce e deliziosa compagna di scuola tutta sguardi torbidi e ammiccamenti, il piccolo Burt viene rinchiuso in un istituto di neuropsichiatria infantile. E qui, sulle pareti della Stanza del Riposo dove viene confinato alla minima infrazione, egli ci racconterà la sua storia sconvolgente e struggente. Una storia da ridere o da piangere, narrata in una lingua spogliata da qualsiasi orpello con i quali per lo più la società degli adulti e dei buoni sentimenti ama infiorare e travestire l'essenza pur di non farla trapelare. La lingua di Burt è la lingua dell'innocenza, la lingua dell'uomo e dei suoi valori più veri prima del "peccato", prima della comparsa di quel pensiero logico-raziocinante e onnipervadente che ha esteso la sua legge fino a renderla assoluta e unica. Burt si riprende quanto gli è stato tolto: l'altro mondo, quello del gioco, del sogno, del mistero, della poesia, della trasgressione, quel mondo, insomma, che adulti assennati e genitori hanno strategicamente confinato in spazi precisi, controllabili e marginali, quasi a voler codificarne e ufficializzarne la rimozione. Il sonno della ragione produce mostri, ma, come dimostra il protagonista di questa vicenda, né li sa eliminare né recuperare alla sua logica.

Howard Buten, americano di Detroit dove è nato nel 1950, è uno dei romanzieri più famosi in Francia dove è amato come autore di culto. Ha scritto romanzi bellissimi tradotti in mezzo mondo, tra cui Il cuore sotto il rullo compressore  e La notte delle stelle, tutti pubblicati in Italia da Tranchida.

Giorni senza fumare di Verdú Vicente, ad aprile nelle librerie

"Una delle ragioni per le quali varrebbe la pena di avere una buona salute, sarebbe poter fumare senza limiti." Con queste parole Vicente Verdú si espone provocatoriamente alle invettive dei salutisti più accaniti, ma intanto cerca di darsi ragione del proprio spontaneo volersi guarire da un male incipiente provocato dal fumo. Giorni senza fumare è un romanzo sul paradosso, il cui valore è riassunto dal grottesca paradosso su cui si fonda ogni pretesa igienista: l'unico modo di eliminare definitivamente qualsiasi tossicodipendenza sarebbe quello di annientare l'intera umanità. Un diario che si nutre dei sentimenti contrastanti di un fumatore che ha deciso di smettere, praticando una scrittura che gli consente di sopravvivere alla micidiale mancanza dell'ambiguo piacere del fumo e insieme gli permette di coabitare con la convinzione che la salute migliorerà solo lontano dai godimenti del tabacco. Come nella relazione amorosa, il tabacco diventa un codice con il quale si traduce il mondo in cui la sigaretta, oggetto ormai per sempre esiliato, si configura d'improvviso come la donna che abbandona il suo uomo dopo essere riuscita a dare senso alla sua esistenza. E alla fine diviene evidente come qui non sia in gioco soltanto il contrasto tra malattia e salute, perché in queste pagine si staglia il profilo di un'opposizione ben superiore, esistenziale e letteraria: l'incompatibilità di senso e di significato, di pensiero e ragione, di desiderio e realtà.

Vicente Verdú (Elche 1944), giornalista ed economista, è collaboratore culturale del quotidiano madrileno El País. Tra le sue opere ricordiamo: Si usted no hace regalos le asesinarán (1971) un libro che fu a suo tempo oggetto del più surrealista sequestro della censura franchista; i saggi Sentimientos de la vida cotidiana (1985) e Domicilios (1987), e i racconti contenuti in Héroes y vecinos (1989).

La povera Lisa di Karamzin Nikolaj, a maggio nelle librerie

Una povera ragazza si guadagna da vivere vendendo fiori e lavori a maglia. Un giorno incontra un giovane acquirente che se ne innamora. Inizia la loro storia d'amore, romantica e clandestina, stroncata tuttavia sul più bello da un annuncio inaspettato del ragazzo: la sua partenza per la guerra. Si rivedranno qualche tempo dopo, per un puro caso, a Mosca ed egli, di fronte al fatto compiuto, sarà costretto a rivelare a Lisa di essersi dovuto sposare con una ricca vedova poiché ha dilapidato al gioco tutte le sue sostanze economiche. La giovane, non reggendo alla notizia e al dolore, decide di suicidarsi.

Questa la trama di La povera Lisa, pòvest' nato dalla penna di Nikolaj Karamzin, che traccia da questo momento in avanti uno spartiacque letterario tra il vecchio e il nuovo, tra la letteratura tardo-settecentesca e i primi lucori del Romanticismo europeo. La modernizzazione della lingua è solo uno degli aspetti che costituiscono la grandezza di Karamzin; egli, nel confrontarsi con il romanzo, peraltro già introdotto nel panorama russo, ne rielabora le strutture più tipicamente sentimentalistiche e moraleggianti, intreccia i piani della storia e della poesia con quelli della finzione, realizzando un rinnovamento se non programmatico, comunque di fatto, rispetto alla statuarietà delle strutture classiche dei personaggi e, più in generale, della narrazione.

È per tali ragioni che possiamo oggi rileggere questi due racconti, La povera Lisa e Natalia, la figlia del boiaro, con la consapevolezza di avere di fronte un passo decisivo della storia della letteratura russa, un imprescindibile passaggio storico. Conoscere la prosa di Karamzin, dunque, non solo implica la lettura di quello che si potrebbe comunemente definire un classico, ma reca in sé un giudizio più ampio, che si fa latore di coscienza di cambiamento, cerniera tra passato e futuro.

Nikolaj Karamzin (1766-1826) occupa un posto centrale nella letteratura russa all'alba dell'Ottocento. Se lo zar Pietro il Grande aveva aperto la Russia alla modernità, immettendola di forza nella storia europea, Karamzin schiuse le porte della letteratura alla nuova sensibilità pre-romantica. Lo stesso Puskin, riservandogli il suo affettuoso omaggio, ne riconobbe il ruolo centrale.

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