Carlo Climati

Carlo Climati

Il popolo della notte. Discoteche, ecstasy e alcol.
Nuove solitudini o buio da illuminare?
Edizioni Paoline, 2002

Un tempo la notte era un momento della vita destinato al riposo, dopo le tante fatiche del giorno.
Oggi, questo genere di notte è un po’ fuori moda. Sempre più persone scelgono di vivere nel buio. Andando a ballare in discoteca; navigando su Internet o conversando per ore in una “chat”; facendo riti esoterici nei cimiteri o partecipando a folli corse in moto o in automobile; restando inchiodati di fronte alla televisione; diventando schiavi della droga o della prostituzione…
E’ nato, così, un “popolo della notte”. Con i suoi linguaggi, i suoi “sballi”, i suoi divertimenti apparenti. Le sue schiavitù e le sue solitudini.
Parlare della notte, per me, non significa soltanto descrivere gli scenari delle discoteche o discutere sugli effetti delle nuove droghe chimiche. Vorrei proporre una riflessione più ampia.

Oltre alla notte vera, dominata dai locali da ballo, vorrei parlare di un’altra notte, più simbolica, che rischia di avvolgerci: la notte come buio.

Come oscurità.

Viviamo in un sistema materialista, arrivista e consumista che spesso ci spinge a chiuderci nel nostro guscio, a coltivare il proprio orticello senza accorgerci che esistono anche gli altri.

C’è una grande notte da illuminare: quella del cuore, dell’anima, della solidarietà. E’ la notte delle coscienze, intrappolata nell’oscurità del nostro egoismo.

Illuminare la nostra, personalissima notte significa fare uno sforzo per accorgerci che la nostra indifferenza può fare del male al mondo.
C’è una non-cultura che utilizza le discoteche e la droga per indurre i giovani a non pensare. E quindi, a non essere scomodi per il potere.
Quando parlo di “potere” mi riferisco a qualunque tipo di sistema che vorrebbe condizionarci, controllarci ed imporci delle regole ingiuste, calpestando il valore e la dignità dell’essere umano.

Il potere ha sempre avuto bisogno di organizzare spettacoli e divertimenti per far sfogare la rabbia del popolo. Imbavagliarla. Stordirla. Anestetizzarla.

Il potere crea le sue droghe, le sue mode e i suo spettacoli. La gente li beve. Li assimila e non può più fare a meno di loro.
Mentre il popolo si diverte, le ingiustizie continuano e colpiscono soprattutto i più deboli. I tanti problemi del mondo, sicuramente, non si combattono con lo “sballo” e con il non-pensiero. Bisogna, invece, fermarsi e riflettere su una grande scelta da fare: tra la dignità dell’uomo e gli interessi economici. E quindi, tra Dio e Mammona.

Che cos’è “Mammona”? E’ un termine che, nel Vangelo, viene utilizzato per definire l’assolutizzazione del denaro e l’esagerato attaccamento dell’uomo alla ricchezza.

Gesù non condanna il denaro, ma la sua idolatria. Ci invita a non cercare false sicurezze nelle cose materiali, e a costruire “tesori” più spirituali. A cercare, prima di tutto, l’amore per il prossimo.

Mettere la ricchezza al primo posto significa, inevitabilmente, generare ingiustizie. Significa dare più importanza ai soldi che all’essere umano. Ed è la grande tentazione che tutti noi dobbiamo affrontare, ogni volta che ci troviamo di fronte ad una scelta.

Per questo è importante, almeno per un attimo, spegnere le luci psichedeliche delle discoteche ed illuminare la notte con una luce più vera.
Altrimenti, il potere di Mammona potrà continuare a fare il suo gioco. Indisturbato.

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