Multa milionaria a Telecom accusata di abuso di posizione dominante Telecom Italia è stata accusata di “abuso di posizione dominante sui mercati dei servizi di telecomunicazioni su rete fissa all'utenza affari” e dovrà corrispondere una sanzione pecuniaria di 152 milioni di euro. A deciderlo è stata l’Antitrust presieduta da Giuseppe Tesauro. "Nella riunione del 16 novembre 2004", si legge nel comunicato Stampa," l'Autorità ha deliberato la chiusura del procedimento istruttorio avviato nel giugno del 2003 nei confronti della società Telecom Italia Spa comminando a tale operatore una sanzione pecuniaria complessivamente pari a 152 milioni di euro per aver abusato della propria posizione dominante sui mercati dei servizi di telecomunicazioni su rete fissa all'utenza affari. L'istruttoria ha evidenziato che le condotte abusive accertate dall'Autorità sono state sviluppate da TI nell'ambito di una strategia unitaria, chiaramente definita a livello centrale, volta al perseguimento dell'obiettivo esplicito di escludere i concorrenti dal mercato dei servizi finali all'utenza aziendale e preservare così la posizione di dominanza storicamente detenuta tanto sui mercati dei servizi finali, quanto sui mercati dei servizi intermedi rivolti ai propri concorrenti. Più specificamente, tale strategia è stata attuata da TI attraverso due tipologie di comportamenti, entrambe in violazione dell'art. 3 della legge 287/90:
a) l'utilizzo di condizioni contrattuali, quali clausole di esclusiva e clausole equivalenti negli effetti a clausole inglesi, tali da vincolare alla stessa TI una parte significativa dell'utenza aziendale, rendendo più difficoltoso o precludendo del tutto la possibilità degli operatori concorrenti di offrire servizi di telecomunicazione su rete fissa, anche solo per una parte del traffico dei clienti in questione; tali clausole, dunque, sono state considerate abusive in ragione non già del loro carattere eventualmente discriminatorio tra i diversi clienti finali, ma piuttosto dell'effetto escludente nei confronti dei concorrenti;
b) la formulazione di condizioni economiche e tecniche nelle offerte alla clientela non replicabili dai concorrenti, a fronte dei costi e delle condizioni tecniche stabilite in via regolamentare per l'offerta dei servizi intermedi a questi ultimi.
Tali comportamenti sono configurabili come pratiche discriminatorie nei mercati dei servizi intermedi in quanto consistono nell'applicazione ai propri concorrenti di condizioni tecniche ed economiche peggiorative rispetto a quelle praticate alle proprie divisioni commerciali per formulare le suddette offerte alla clientela finale. Lo scopo di detti comportamenti è quello di ostacolare l'accesso dei concorrenti ai mercati dei servizi finali. Nell'ambito di tale secondo gruppo di comportamenti ricadono una pluralità di offerte economiche e tecniche rivolte tanto a grandi utenti, quanto a clienti di dimensioni minori, pubblici e privati, nonché, in particolare, l'offerta nella gara bandita nel 2002 dalla CONSIP per la fornitura di servizi di telecomunicazioni per la Pubblica Amministrazione. La formulazione di tale ultima offerta riveste rilievo particolare sia per l'entità della commessa, sia perché le condizioni economiche praticate alla Consip, inferiori ai costi sopportati dai concorrenti sui mercati a monte, hanno trovato una vasta commercializzazione anche presso l'utenza privata. Sul punto, va sottolineato che applicando alle sue divisioni commerciali condizioni economiche inferiori a quelle definite a fini regolamentari per la fornitura di fattori intermedi essenziali all'erogazione dei servizi finali, TI ha introdotto una discriminazione dei costi di rete a carico dei concorrenti, che, nel medio-lungo periodo, come ormai pacificamente e univocamente rilevato dalla dottrina e dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, ostacola significativamente il raggiungimento di condizioni di mercato effettivamente concorrenziali e, di conseguenza, una effettiva e duratura riduzione dei prezzi praticati ai clienti finali.
Le condotte descritte costituiscono di per sé violazioni molto gravi delle norme a tutela della concorrenza, violazioni peraltro poste in essere da un operatore su cui grava una speciale responsabilità in funzione della sua dominanza. Tale gravità non può risultare attenuata dagli impegni presentati da TI, di natura regolamentare e validi unicamente per il futuro, inidonei dunque ad eliminare le condotte abusive e gli effetti di queste sul mercato. Il parere formulato dall'Autorità per le garanzie delle comunicazioni sul progetto di provvedimento di questa Autorità ha sostanzialmente condiviso le valutazioni antitrust, in particolare per quanto riguarda la definizione dei mercati rilevanti e la non replicabilità delle offerte tecniche ed economiche di TI all'utenza business. L'Autorità di settore ha invece espresso una valutazione parzialmente positiva sulla portata regolatoria di alcuni degli impegni presentati da TI. Nel procedere alla quantificazione della sanzione, l'Autorità ha tenuto conto della natura molto grave delle infrazioni accertate, della circostanza che TI è stata più volte condannata in relazione a comportamenti sostanzialmente escludenti, dunque dello stesso tipo di quelli censurati con il procedimento in questione, ma anche del parziale apprezzamento che gli impegni presentati da TI hanno ricevuto dall'Autorità di settore nella prospettiva regolatoria. Fondandosi su tali elementi l'Autorità ha pertanto comminato a TI una sanzione pari a 76 milioni di euro per ciascuna delle condotte censurate".
Il procedimento istruttorio era iniziato nel giugno 2003; fra i comportamenti scorretti spicca dunque quello della gara CONSIP bandita nel 2002 per l’erogazione di servizi alla Pubblica Amministrazione: in tal caso le condizioni economiche risultavano inferiori ai costi degli altri operatori; tale offerta venne estesa in seguito anche all’utenza privata. Innegabile la soddisfazione di Assorpovider, parte in causa nel procedimento. "Decisione storica, ha dichiarato G. Battista Frontera, vicepresidente dell' associazione, "sancisce e stabilisce quanto sia viziato e non libero il mercato delle tlc in Italia, non solo nell' "Affaire consip". E quanto amore per il proprio lavoro hanno i reduci e sopravvissuti, operatori di telecomunicazioni, a questa metodica e sistematica eliminazione dei concorrenti, operata da Telecom Italia. Giusta, anche se, storicamente, con qualche anno di ritardo, la sentenza dell'AGCM. Assoprovider, con questo ricorso, ancora una volta, unica associazione che si erge a baluardo della libertà d'impresa nel settore delle telecomunicazioni". "Direi, aggiunge Matteo Fici, presidente di Assoprovider, interpretando i ragionamenti fatti inquesti mesi, che non è proprio logico che due athorities (AGCM e AGCOM) abbiano le idee cosi' in contrasto sullo stato della concorrenza nel settore TLC in Italia, e direi che Tesauro ha dato un esempio di coraggio al paese, che penso serva prima di tutto proprio a Telecom, perchè in futuro si comporti più da azienda reale, e non da extraterrestre che pensa di potere agire senza rispettare alcuna regola nel paese. Infine direi che il futuro dovrà rendere sempre più difficile essere contemporaneamente grossista e dettagliante nel settore delle TLC, dove si è tornato al monopolio proprio nel settore della larga banda e di adsl, con buona pace proprio di AGCOM, che doveva sorvegliare e invece va dicendo che va tutto bene". Ma non si fa attendere la risposta di Telecom: l'azienda ricorrerà al Tar per chiedere l’annullamento del provvedimento dell’Antitrust. “Certa della legittimità dei comportamenti tenuti e convinta della infondatezza della decisione adottata dall'Antitrust – ha dichiarato in una nota – Telecom Italia ricorrerà al Tar per chiedere l'annullamento del provvedimento. Tale decisione limita gravemente la possibilità di Telecom Italia di partecipare a gare pubbliche danneggiando gli utilizzatori finali dei servizi di telecomunicazioni. A partire dall’Unione Europea, fino all’ultima relazione annuale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni da tutti è stato riconosciuto che in Italia il processo di liberalizzazione, ancorché in continua evoluzione, ha raggiunto livelli di apertura tali da situare il nostro Paese ai migliori livelli in Europa. L’Antitrust con la sua decisione non ha peraltro tenuto conto degli impegni presi da Telecom Italia, in buona parte già operativi a partire dal gennaio 2005, per accelerare ulteriormente il processo di liberalizzazione. Tali impegni, proposti da un soggetto terzo, indipendente e di chiara fama, mirano ad accelerare il processo di liberalizzazione nel settore delle telecomunicazioni, rimuovendo al contempo le preoccupazioni dell’Autorità. Tra gli impegni assunti particolare rilievo assumono le decisioni di accelerare il processo di unbundling anche per la fibra ottica e di ridurre i costi che i concorrenti devono sopportare per la realizzazione delle infrastrutture necessarie per la costruzione dei siti in unbundling”.