Giuseppe Culicchia
Scrittore giovane, ma già ben noto nel "giro che conta" (da un suo precedente libro, "Tutti giù per terra" è stato tratto un omonimo film con Valerio Mastandrea) Giuseppe Culicchia merita in ogni caso l’attenzione di pubblico e addetti ai lavori. È in possesso di uno stile incisivo, moderno, originale, che rende i suoi romanzi degli interessanti spaccati di contraddittoria e non sempre comprensibile "vita nazionale" (ma la prospettiva è universale). Il suo ultimo "Ambarabà" è sicuramente uno dei libri italiani più convincenti (e grazie a Dio, vivaci, ironici, non autocelebrativi) dell’anno in corso. Ovviamente discutere con lui nel corso di un'intervista gratifica l’umore e l’intelletto…
– "Ambarabà" è sicuramente un romanzo che descrive molto bene alcune delle maggiori inquietudini del nostro tempo…
– Quello che volevo fare con "Ambarabà" era raccontare il nostro tempo attraverso le voci di più personaggi, anziché attraverso la voce di un unico protagonista-narratore come nei libri precedenti. I ventuno che aspettano l'arrivo del treno nella metropolitana di una città qualsiasi sono persone qualsiasi: parte della cosiddetta "folla anonima" che popola gli agglomerati urbani della contemporaneità. Individui staccati l'uno dall'altro, ciascuno alle prese con frammenti di esistenza. L'idea di partenza era di entrare nella testa dei singoli personaggi e di registrarne i pensieri, restituendone il ritmo e il linguaggio totalmente privo di censure, senza dover per forza costruire storie con un inizio preciso e una fine. Certo che ci sono inquietudini, in quei pensieri. Sono le nostre.
– Come definiresti il periodo storico che stiamo vivendo attualmente qui in Italia?
– Il periodo storico che stiamo vivendo in Italia non ha eguali nella lunga storia del nostro amato Paese. Dopo la caduta del regime comunista nato nel '46 all'indomani della guerra, da un anno a questa parte finalmente viviamo in uno Stato democratico, libero, civile, retto da una classe politica illuminata, all'interno della quale non è difficile individuare autentici statisti: elencarli non è possibile, sono troppi, sia al governo sia all'opposizione. Uno Stato dove tra l'altro, ed era tempo, la legge è davvero uguale per tutti. Non era facile prevedere un simile periodo aureo: ma se infine è arrivato, è perché tutti noi, nessuno escluso, l'abbiamo meritato.
– Se dovessi scrivere una tua "Utopia" dove l’ambienteresti geograficamente e temporalmente?
– In generale un sacco di gente è morta in nome di una qualche utopia, e le migliori sono già state scritte e ambientate. La mia Utopia forse è un mondo senza genere umano, che poi sarebbe davvero il migliore dei mondi possibili. Contrariamente alle utopie classiche, e proprio grazie al genere umano, questa prima o poi si realizzerà di sicuro.
– Quale scrittore ti ha portato a dire da ragazzo : "un giorno vorrei scrivere le cose che scrive lui…"
– Da ragazzo ho cominciato a scrivere per colpa di Hemingway. È lui il responsabile di tutto. E all'inizio quando avevo dodici o quattordici anni volevo davvero scrivere le cose che aveva già scritto lui. In seguito per fortuna ho capito che le aveva già scritte lui, appunto, e che avrei dovuto sforzarmi di scrivere qualcos'altro, anche se peggio.
– Edward Bunker tu lo conosci bene… ne hai più volte scritto come critico… noi gli siamo affezionati…
– Edward Bunker non è uno scrittore laureato, lui le scuole le ha fatte a San Quintino. E per qualche motivo nessuno degli scrittori che amo di più appartiene a quel genere: da Fitzgerald a Bernhard passando per Hamsun e Bukowski e Melville e tanti altri. Tutta questa gente però pur mancando di lauree e diplomi e referenze ha scritto storie che rimangono nel tempo. E tra le storie scritte da Bunker, quella che a lui è più cara è la sceneggiatura di "A trenta secondi dalla fine". Proprio una di quelle che rimarranno.
– L’ultimo libro che hai letto…
– Sto leggendo le "Memorie del Terzo Reich" di Albert Speer, l'architetto di Hitler. Credo che lui ad esempio il ponte sullo Stretto di Messina si sarebbe rifiutato di farlo, perché era un uomo molto intelligente e capace, non uno "yes-men" di quelli che vanno tanto di moda oggi.
– Quello che non hai mai trovato il tempo di leggere…
– La Recherche di Proust. Mi scuso.
– Si dice: non c’è limite al peggio… pensando a certe faccende di casa nostra, ci sarà?
– No, al peggio notoriamente non c'è limite e come si dice ne vedremo ancora delle belle. L'informazione è comunque pessima anche al di fuori dell'Italia. Anche perché la lezione di Goebbels l'hanno imparata in tanti: ripetete fino alla nausea una menzogna, e alla fine la gente vi crederà. C'è sempre la speranza che da qualche parte salti fuori qualche cronista di quelli capaci di combinare uno scherzo come il Watergate. Il materiale non manca.