Pubblicato per la prima volta nel 2000 dall'autrice belga Amélie Nothomb e proposto in Italiano dalle Edizioni Voland (2002), la metafisica dei tubi si snoda sui ricordi d'infanzia della Nothomb.
È un libro incantevole e allo stesso tempo riversa sul lettore tutta la distruttività che sta dietro il concetto di mutamento.
La narrazione comincia con un concetto alto, l'idea di Dio, immobile ed eterno, per poi far scoprire, attraverso i ricordi d'infanzia dell'autrice, come lo sguardo, la scelta dell'oggetto da considerare di volta in volta, sia in realtà un atto di rifiuto verso il resto del mondo, che, nel momento stesso in cui è escluso dal nostro campo visivo e fuori fuoco rispetto a ciò che guardiamo, diventa altro.
Una volta che scopriamo il nome delle cose, il suo sapore (come l'incanto della barretta di cioccolato bianco belga che la nonna da alla nipotina), creiamo il nostro mondo fatto di parole, nomi, cose, che però non possono racchiudere l'essenza stessa della vita, perché l'inclusione totale, l'uovo sodo e pieno, è facoltà che spetta solamente a Dio.
Un Dio che Amélie Nothomb immagina senza sguardo, perché se potesse osservare, non potrebbe includere il mondo intero nel suo essere.
Da qui il concetto che da titolo al libro, la metafisica dei tubi, di quell'età in cui le creature umane somigliano alla divinità, e tutto scorre loro innanzi, e dentro, senza fermarsi. Finché lo stupore penetra e avvolge il tubo, cambiandolo per sempre, creando lo sguardo, l'esclusione, e con questi la vita.
I concetti e le idee espresse dall'autrice sono delegati ai ricordi d'infanzia della piccola protagonista, nata in quel Giappone in cui i fiori profumati profumano di terra molle, e in cui la nonna ti culla in una nenia che racconta di piccoli gatti e fiori di ciliegio. Ricordi preziosi, sguardi sul mondo che creano pian piano un luogo personale, in cui cose ed emozioni si muovono all'unisono, nonostante ciò possa significare non esser più come Dio.
Autore: Amélie Nothomb
Editore: Voland
Pagine: 128