Questo saggio non si occupa dell'icona-Moretti. Un'icona che raccoglie, come un catalizzatore, sentimenti diffusi, e gli dà voce, espressione.
Ma non se ne occupa, non perché le icone non siano importanti, ma perché marciano da sole, funzionano o non funzionano per loro conto, non necessitano di nessuna sospensione riflessiva. Il loro destino sarà quello prima di addensare (l'icona nel suo momento generativo, propulsivo), e poi inevitabilmente di immobilizzare (l'icona che si fa cliché).
Ma credo che l'icona-Moretti sia la risultante paradossale di un processo di disseminazione e di dispersione di una identità, che ha trovato nella conversione girotondista l'ultimo passaggio («sintesi» di tutti gli altri), trasformando il cantore di un sentire in un'icona sacra, l'artista in un profeta, il dire in un vaticinare, facendo di Moretti uno dei suoi personaggi, invertendo così il percorso che fa dei personaggi degli intercessori dell'autore, ed esibendo quello spazio di indiscernibilità fra realtà e finzione come tratto precipuo di un modo di fare cinema. Moretti esibisce il fatto che il cinema comincia prima e dopo i film, e soprattutto sta sempre oltre, pur essendo inscindibile – ma non potrebbe essere diversamente – dai film stessi.
Il cinema di Moretti è inscindibile dalla sua presenza d'attore, dalla sua maschera, dai suoi personaggi. Così come l'attore è inseparabile dall'autore; e le rare volte in cui si è separato, il risultato è stato una non rilevante prestazione attoriale in film poco significativi (Il portaborse e La seconda volta).
Il suo cinema è inscindibile, cioè, dalla costruzione della maschera e del personaggio; una costruzione che è affidata in primo luogo all'attore e alla sua modalità di «trasposizione» delle attitudini, dei comportamenti, dei sentimenti, dei pensieri di una tipologia socio-culturale ben definita.
Il cinema di Nanni Moretti si colloca all'incrocio fra due grandi tradizioni della nostra cinematografia: quella neorealista e quella della commedia all'italiana. O meglio, partendo da una riattualizzazione originale delle forme della nostra commedia, Moretti le ha innestate con un modo di concepire il cinema e la narrazione che affonda le sue radici nella tradizione del neorealismo, concepita non in termini «contenutistici» – cioè come emergenza esclusiva di tematiche, di tipologie di personaggi e ambienti -, ma come modo di pensare la rappresentazione e l'immagine cinematografica, non solo da un punto di vista estetico, ma anche sotto il profilo di una spinta etica (è il compito a cui Moretti sente di dover rispondere filmando i momenti di cambiamento sociale e politico: Aprile e La cosa).
Autore: Roberto De Gaetano
Editore: Lindau
Pagine: 136