Un evento mirabile e misterioso s’è verificato in Vigàta il 21 marzo 1890, Venerdì Santo, durante la sacra rappresentazione della Passione di Cristo secondo il cavalier D’Orioles, popolarmente detta il “Mortorio”: il ragioniere Antonio Patò, direttore della locale sede della “Banca di Trinacria”, funzionario irreprensibile, marito integerrimo e padre amoroso di due vivacissimi bambini, oltre che apprezzato Giuda nella predetta rappresentazione, come da copione è precipitato, al termine di questa, nella botola approntata per aprirsi, con meravigliosa verosimiglianza, sotto i piedi del traditore di Cristo, ma non è più riemerso per ricevere l’applauso del pubblico e poi rientrare nei consueti suoi panni di cittadino modello. Scomparso nel nulla, volatilizzato.
Ma unni sinni ì Pato? Ma dove se ne è andato Patò?
“Murì Patò o s’ammucciò?” si interroga una scritta comparsa su un muro di Vigàta la mattina del 23 marzo, Domenica di Pasqua: “Patò è morto o si è nascosto?”
È quello che vogliono sapere la cittadinanza tutta, la derelitta, sconvolta moglie signora Mangiafico Elisabetta in Patò, il cognato Capitano del Regio Esercito Arnoldo Mangiafico, di stanza a Caltanissetta, e soprattutto S. E. il Senatore Pecoraro Grande Ufficiale Artidoro, Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Interno, nonché altolocato parente dell’involato ragioniere.
La Delegazione di Pubblica Sicurezza di Vigàta e la locale Stazione dei Reali Carabinieri sono allertate; i giornali “l’Araldo di Montelusa” e addirittura l’insidiosissima antigovernativa “Gazzetta dell’Isola” sono in fermento, bisogna far luce nel mistero prima che sia troppo tardi, prima che lo scandalo si estenda dall’isola a tutto il Regno.
Scritto in forma di esilarante dossier, prodigioso repertorio di tradizioni sicule, di abitudini italiche, di costumi e malcostumi ottocenteschi e contemporanei, inarrivabile campionatura di linguaggio burocratico, borghese e popolare, raffinato inventario delle forme del giallo enigmistico e degli equivoci della commedia di costume, minuzioso catalogo delle manifestazioni del potere e del candore, del sussiego e dell’idiozia degli uomini, La scomparsa di Patò è una delle (tante) vette dell’arte di uno scrittore che più sembra leggero più scava nel profondo del nostro passato, del nostro presente.