Non è mai facile parlare d’un libro; men che meno d’un libro che tratta di musica. Ed è ancor più difficile parlare d’un libro in cui la musica non è l’argomento di discussione ma è la discussione in sé.
La Casa Marinella di Benedetta è un luogo astratto della coscienza, un bellissimo cantuccio caldo in cui ogni bambino desidererebbe nascondersi e riposare, in cui non esiste né prima né poi, in cui le foglie e i profumi hanno la stessa fragranza del cappero appena schiuso, del fiore della vita appena sbocciato.
A Casa Marinella, Benedetta, vive e s’innamora dell’amore più grande e assoluto della sua vita. Un amore a quattro corde, con due ff nei fianchi, un collo lungo e sottile, le forme morbide e delicate, la voce della sua anima: il violino. Questo violino – il violino della sua famiglia, del bisnonno Epifanio e del nonno Martino – appartiene a Benedetta come ad ogni uomo appartiene la voce, la coscienza, il libero arbitrio. Per Benedetta quel violino è la voce, la coscienza, il libero arbitrio: le concede la libertà che il crudele mondo ingannato dal facile guadagno, non le permette di perseguire.
La storia di Benedetta è una storia d’amore, bellissima, tra lei e la sua metà; un idillio commovente in cui i ricordi diventano colori e immagini e par di ritrovarsi tra le forme blu d’un quadro di Chagall, tra il profumo dei leggeri violini e l’odore del mare di Salina.
Lina Maria Ugolini ci costringe a far i conti con i nostri ricordi, riporta a galla le immagini struggenti di ciò che eravamo da bambini, delle canzoni canticchiate con i compagni, dei pomeriggi passati con i nonni ad ascoltar storie di guerra e di fantastiche avventure. Il mondo quando si è bambini sembra essere incantato, pieno di pericoli e inganni; come se la vita fosse una favola. Come se poi alla fine ci fosse sempre il lieto fine.
Ma Benedetta lo sa che il mondo fuori da Casa Marinella è tutt’altro che innocente, sa che l’odore del fiore di cappero, il parlare sommesso del mare o il salutare delle nuvole al cielo e alla terra altro non sono che il suo personale miracolo sulla terra.
La musica nel tempo dei fiori di cappero è un viaggio denso di fermate in immaginari autogrill dove ogni pit stop è un dolcissimo ricordo, un profondo sapersi ancora – e sempre – vulnerabili, di fronte le emozioni. L’amore di Benedetta verso il maestro Giuseppe, sublimazione del legame assoluto ed eterno col suo violino, il legame simbiotico tra lei e nonna Celeste, la breve ma tremante amicizia con Alessandra, il profumo di libertà respirato da lei nel sentire la carne del proprio collo spingere contro la mentoniera del violino: non sono forse i motivi per cui varrebbe la pena vivere? Una vita è tale solo se è fatta di emozioni, di amori mai amati, di lacrime, di sorrisi inaspettati, di fitte al petto incontrollabili, di delusioni e, anche, di tremende sofferenze.
Questo libro, è un’emozione. E’ la grande emozione d’un dono, è il ricordo d’un suono fantastico che attraversa la storia della famiglia Altavilla, benedetta sempre da un violino magico, custode di tutto l’amore del mondo.
Mi piace a questo punto pensare che il nome della protagonista (Benedetta) non sia casuale e che la “benedizione” di quel violino possa risiedere nelle stelle, nel suo diritto di nascita, in una magica congiunzione astrale a dimostrare che, forse, tutto è possibile; persino che la bellezza possa salvare il mondo. Persino che tutti possiamo perseguire l’utopia di vivere felici.
Come Benedetta e prima di lei la sua famiglia.
Un grazie, di cuore, a Lina Maria Ugolini per questo diamante splendente, come un si suonato in quarta corda.
Un grazie per aver pitturato il senso della bellezza, con questo libro, sincero atto d’amore.
Autore: Lina Maria Ugolini
Editore: Rueballu
Pagine: 158